Meridiani Montagne n.58 – Monti Sibillini

Fosso dei Mergani con il versante sud-ovest del Redentore (2448m) sullo sfondo.
Fosso dei Mergani con il versante sud-ovest del Redentore (2448m) sullo sfondo.

Oggi vorrei rinnovare, a distanza di 10 anni, la volontà costante di conservazione e preservazione a livello naturalistico dei Monti Sibillini, che con gli anni ho scoperto quando mi hanno donato a livello di benessere fisico e psichico.

Pian Grande di Castelluccio di Norcia

Per ripagare tale debito, ho deciso di ricordare la pubblicazione del n. 58 di Meridiani Montagne dedicata ai Monti Sibillini (per chi volesse ne ho qualche copia da regalare) che presenta in copertina e all’interno, 4 miei scatti, selezionati all’epoca dal Dir. Marco Albino Ferrari, autore del magnifico libro “La via del lupo” uscito nel 2012. Di seguito trovate un estratto di quello che oramai è diventanta storia, appurato inoltre dall’ultimo censimento in Italia del Lupo (Canis lupus) cordinato dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (I.S.P.R.A.):

All’inizio degli anni Settanta del Novecento, il lupo in Italia era pressoché scomparso. Solo pochi branchi residui venivano segnalati tra la Sila e i Monti Sibillini. Sembrava che l’estinzione fosse ormai inevitabile. Poi il vento è cambiato. Favorito dal progressivo spopolamento delle montagne, dal rilascio di animali a scopo venatorio e dall’entrata in vigore di una nuova legislazione di tutela, il lupo ha trovato le condizioni per riprodursi e rioccupare gli antichi territori. È da quel momento, ormai quarant’anni fa, che dalle vallate sopra Visso, tra Umbria e Marche, il lupo indisturbato si è messo in cammino verso nord. Il percorso seguito tra le montagne è oggi una fascia di territorio selvaggio, larga qualche decina di chilometri, che segue la dorsale appenninica. Marco Albino Ferrari ha seguito la “via del lupo”, ha ripercorso le tappe di un viaggio in luoghi marginali e misteriosi e racconta storie di uomini e animali, antiche leggende e appassionanti avventure di ricercatori, impegnati a contrastare le diffidenze (e a volte le minacce) degli allevatori danneggiati dal lupo. L’altopiano di Castelluccio di Norcia, le Foreste Casentinesi, l’Appennino Parmense, le Apuane, le Alpi Liguri, le Marittime, il Parco del Gran Paradiso, e ancora più in là, sull’arco alpino. Oggi, gli ultimi branchi sono stati avvistati in Veneto: da lì il lupus italicus si incontrerà con altri esemplari in arrivo dalla Slovenia. Un incontro atteso, che forse completerà fino in fondo la via.

Le acque de Fiume Nera

Basta che compaia un Lupo, magari in fase di erratismo giovanile, e gli interessi consolidati del territorio (come s’usa dire) non capiscono più nulla.

Ora si stimano 2.400 Lupi lungo tutto il crinale appenninico, altri 950 su tutto l’arco alpino. Circa 3.300 Lupi in tutta Italia. A metà degli anni ’70 del secolo scorso erano un centinaio. Il Lupo, lungo la Penisola, è il migliore fattore di contenimento del Cinghiale (Sus scrofa), di cui tanto si lamentano i danni all’agricoltura. La presenza del Lupo fa bene alla biodiversità, fa bene agli equilibri ecologici, fa bene anche al turismo, fa bene all’anima (per chi ce l’ha).

W il Lupo, W Cappuccetto Rosso (quella vera)…e chi non è d’accordo peste lo colga.

La via lattea sulle Lame Rosse