Un anno è passato da quel 24 agosto 2016

Questa è la situazione in cui versano le frazioni (Fiordimonte, Casali, Gualdo) e le città (Visso, Castel Santangelo sul Nera) del cratere, nella provincia di Macerata e all’interno dei Monti Sibillini, a distanza di un anno dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, che hanno colpito il Centro Italia.

1.087.252,75: è la cifra che indica la quantità di oltre un milione di tonnellate di macerie, secondo l’ultima stima della Regione Marche, che il terremoto ha lasciato sul terreno di 53 Comuni, nelle province di Ascoli Piceno, Macerata e Fermo.

E’ questo un dato numerico che dà la stima dell’intensità di un sisma che ha cambiato il corso di fiumi e fatto zampillare nuove sorgenti, spaccato montagne, prodotto abbassamenti di terreno di circa un metro, fatto eruttare vulcanelli di fango, aperto voragini e sinkhole, impedito la percorribilità di grandi vie di comunicazione come la Salaria, distrutto interi paesi ridotti a cumuli di pietraglie… La terra ha tremato sotto i nostri piedi e ha cambiato per sempre la sua conformazione.

71.000: è la cifra approssimativa delle tonnellate di macerie che sono state rimosse fino ad ora. E’ la cifra che dà la misura di quanto sia stato fatto dopo quasi un anno dai primi crolli e di quanto ancora ci sia da fare.

1.885 sono le prime casette ordinate dai Comuni marchigiani, 26 quelle consegnate: altre cifre che parlano da sole.

Qui tutto è fermo, tutto bloccato, ancora inagibile: interi paesi sono inaccessibili agli abitanti, molte strade restano chiuse, le stalle sono per la maggior parte inutilizzabili, gli sfollati sono ancora sfollati e sparpagliati tra campeggi sulla costa, alberghi, agriturismi o appoggi da parenti. Le famiglie non sanno ancora in quale scuola iscrivere i propri figli data l’incertezza sul possibile domicilio che gli verrà, forse, destinato a settembre. I negozi sono ancora chiusi, solo alcuni sopravvivono, ristretti in pochi containers; molti sono stati costretti a riaprire sulla costa e difficilmente potranno tornare indietro.

Bisogna invertire il verso, l’alto verso il basso, l’uno verso i molti. Delegare i poteri delle decisioni alle comunità locali , rompere i patti di stabilità, dare la possibilità ai Comuni di utilizzare le proprie risorse e di gestire i fondi raccolti con le donazioni , attivare il protagonismo e la progettualità delle risorse del territorio: il controllo sociale dal basso, che le popolazioni stesse potrebbero esercitare sugli enti di prossimità, è l’unica reale garanzia  perchè tutto possa ripartire in modo effettivamente sicuro.

La memoria e il ricordo sono fondamentali, per non far calare definitivamente il sipario di fronte a questa immensa catastrofe, per poter dar voce a chi voce non deve avere. Bisogna dare dignità e una casa sicura a chi l’ha persa, per far si che torni la speranza e il futuro in queste zone, purtroppo duramente colpite e martoriate.  Altrimenti l’abbandono e lo spopolamento, il degrado e la speculazioni in queste aree sarà cosa certa e avverrà in così poco tempo, senza neanche darci il tempo di rendercene conto.

Se le istituzioni non faranno qualcosa di concreto al più presto, attraverso una progettualità a lungo tempo che veda coinvolte direttamente le popolazioni, il danno sarà irreparabile per sempre.

(Testo di Enza Amici dell’articolo del sito Global Project)